NO al DDL Omofobia in Puglia!
Seduta congiunta III e VI Commissione
martedì 17 luglio, ore 13,00 – sala Guaccero
Esame in sede referente del DDL n.253 del 14.11.2017, “Norme contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere” (a.c. 749/A)
Ai Presidente delle Commissioni III, VI e VII
Preg.mo Sig. Presidente, Dott. Giuseppe Romano
3^ Commissione – Assistenza Sanitaria, Servizi Sociali
terza.comm@consiglio.puglia.it
romano.giuseppe@consiglio.puglia.it
Preg.mo Sig. Presidente, Dott. Domenico Santorsola
6^ Commissione – Politiche Comunitarie, Lavoro e Formazione Professionale, Istruzione, Cultura, Cooperazione, Emigrazione, Immigrazione
sesta.comm@consiglio.puglia.it
santorsola.domenico@consiglio.puglia.it
Preg.mo Sig. Presidente, Dott. Saverio Congedo
7^ Commissione – Statuto, Regolamenti, Riforme Istituzionali, Rapporti Istituzionali, Sistema delle Autonomie Locali
settima.comm@consiglio.puglia.it
congedo.saverio@consiglio.puglia.it
A tutti i Consiglieri componenti le Commissioni
manca.luigi@consiglio.puglia.it
pellegrino.paolo@consiglio.puglia.it
longo.giuseppe@consiglio.puglia.it
borraccino.cosimo@consiglio.puglia.it
campo.francescopaolo@consiglio.puglia.it
conca.mario@consiglio.puglia.it
deleonardis.giovanni@consiglio.puglia.it
galante.marco@consiglio.puglia.it
marmo.nicola@consiglio.puglia.it
pendinelli.mario@consiglio.puglia.it
bozzetti.gianluca@consiglio.puglia.it
morgante.luigi@consiglio.puglia.it
abaterusso.ernesto@consiglio.puglia.it
dibari.grazia@consiglio.puglia.it
franzoso.francesca@consiglio.puglia.it
pentassuglia.donato@consiglio.puglia.it
romano.mario@consiglio.puglia.it
ventola.francesco@consiglio.puglia.it
zinni.sabino@consiglio.puglia.it
amati.fabiano@consiglio.puglia.it
barone.rosa@consiglio.puglia.it
caroppo.andrea@consiglio.puglia.it
cera.napoleone@consiglio.puglia.it
colonna.vincenzo@consiglio.puglia.it
All’Avvocatura Regionale
Coordinatore Avv. Rossana Lanza
avvocatura@regione.puglia.it
Al Co.Re.Com. Puglia
Direttore Dott. Francesco Fabio Plantamura
plantamura.francesco@consiglio.puglia.it
uff.corecom@consiglio.puglia.it
Osservazioni sul D.D.L. n. 253/2017 “Norme contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere”
Preg.mi Signori Presidenti delle Commissioni Consiliari 3^, 6^ e 7^, presso il Consiglio Regionale della Puglia,
Preg.mi Signori Consiglieri componenti le suddette Commissioni Consiliari 3^, 6^ e 7^,
Preg.mo Coordinatore dell’Avvocatura Regionale, Avv. Rossana Lanza,
Preg.mo Direttore del Co.Re.Com. Puglia, Dott. Francesco Fabio Plantamura,
nella mia qualità di Presidente dell’Associazione “Il Granello di Senapa – Onlus”, con sede in Bari, al corso Vittorio Emanuele II n. 60, già ascoltato in occasione della seduta del 15.3.2018 della VII Commissione, in vista della seduta congiunta delle Commissioni III e VI di domani 17.7.2018, ore 13:00, mi permetto di far giungere alla vostra cortese attenzione alcuni spunti di riflessione sul lavoro legislativo in questione.
Premesso che è noto il parere negativo sul D.D.L. n. 253/2017, già espresso dalla Commissione VII, dall’Ufficio Legislativo della Regione Puglia e, per quanto mi consta anche dal Co.Re.Com. Puglia, c’è un’ingombrante domanda a cui ciascuno di Voi è tenuto a dare risposta, secondo scienza e coscienza, a ogni Cittadino di Puglia: la Puglia è un territorio in cui i suoi Cittadini sono violenti e discriminatori verso le persone omosessuali?
Ossia, sono talmente numerosi i casi accertati in Puglia di violenze e discriminazioni a carico di persone omosessuali?
Se la risposta a questo interrogativo non ci fosse, a causa dell’assenza di una rilevazione specifica sul territorio della Regione Puglia, allora l’esame del disegno di legge andrebbe perlomeno rinviato a dopo l’acquisizione di dati statistici credibili e di provenienza “terza”.
Sul punto, del resto, la risposta c’è già nell’evanescente “Relazione illustrativa” del D.D.L. n. 253/2017, in cui sono riportati disorganicamente e con un’enfasi sospetta, alcuni dati percentuali riferibili a Paesi Europei e non, dagli Urali ai Pirenei, senza mai un solo cenno alla concreta situazione della Puglia (del resto, se questi dati ci fossero stati, la “Relazione” li avrebbe messi in bella mostra).
Tuttavia, se invece la risposta fosse, come ho personalmente avuto modo di ascoltare in occasione della ricordata audizione del 15.3.2018, che l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) ha dati solo a livello nazionale, allora, al netto di ogni considerazione sulla terzietà in tema dell’UNAR (coinvolto nel noto scandalo dei festini omosessuali, purtroppo “ben documentato” dalla trasmissione televisiva “Le Iene”), non si comprenderebbe la ratio di un intervento “pugliese” su una tematica che a livello nazionale non ha avuto alcuna regolamentazione, visto che il c.d. “D.D.L. Scalfarotto sull’omofobia” non è mai stato approvato dal Senato della Repubblica.
È ormai evidente come, proprio per supplire alla débâcle del D.D.L. Scalfarotto, talune, pochissime Regioni stiano provando a far entrare dalla finestra, con leggi regionali, ciò che non è entrato dalla porta principale, con legge statale.
Una Regione Puglia autenticamente “di diritto”, dovrebbe sempre e con cura evitare il fenomeno dell’inflazione legislativa, perché l’esperienza dell’intera Umanità ha dimostrato come seminando leggi non sempre, poi, sia stata raccolta giustizia.
Negli Stati Uniti, le normative devono essere valutate in funzione di tre principi:
- a) devono essere varate solo in caso di reale necessità;
- b) bisogna privilegiare, nella misura del possibile, altre forme meno vincolanti;
- c) ogni nuova normativa deve basarsi su un rapporto costi/benefici chiaramente definito.
Per questo la Regione Puglia, se ha a cuore il bene comune e non la propaganda, prima di accingersi a legiferare in qualsiasi materia, dovrebbe sempre porsi queste due domande:
1) è davvero necessaria la legge che sto per varare?
2) risponde effettivamente a un’esigenza reale e concreta dei cittadini di Puglia?
Per quanto è noto, dunque, in mancanza di un’accertata storia regionale di violenze e discriminazioni contro gli omosessuali, non è giusto far passare i Pugliesi per omofobi e ciò, d’altronde, al solo scopo di estendere, finanche nelle scuole di ogni ordine e grado, la propaganda del vivere “gay friendly” e di ostracizzare tutti coloro che avessero opinioni dissenzienti sull’omosessualità.
Infatti, il D.D.L. n. 253/2017 è pregno di grandi e gravi pericoli per tutti Cittadini di Puglia, sotto molteplici aspetti che saranno innanzi illustrati.
Prima di esaminare tali aspetti, però, è necessario sottolineare come l’art. 1 del D.D.L. n. 253/2017, al fine di accreditarsi come legge “legittima”, faccia impropriamente leva sugli artt. 2 e 3 della Costituzione Italiana e, erroneamente, sull’art. 10 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
Intanto, quest’ultimo articolo parla della democrazia rappresentativa quale sistema di funzionamento dell’Unione Europea. È chiaro l’errore dell’estensore del disegno di legge, poiché, semmai, avrebbe dovuto essere richiamato l’art. 9 del Trattato, che parla di uguaglianza dei cittadini europei. È un errore, forse materiale, ma comunque attesta una certa approssimazione nell’avvicinarsi alla funzione legiferante.
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Invece, il riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione è senza dubbio improprio, giacché si tratta di norme “rigide”, com’è “rigida” tutta la Costituzione Italiana.
Il c.d. “orientamento sessuale” o la c.d. “identità di genere” o l’ancor più indefinita “condizione intersessuale” (si tratta di espressioni ricorrenti nel D.D.L. n. 253/2017) non sono mai stati oggetto di regolamentazione costituzionale né potevano o possono assurgere a rango di “diritti inviolabili dell’uomo” ex art. 2 Cost., poiché nel novero di tali diritti essi non figurano né nella Costituzione Italiana né nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948.
In queste due normative fondamentali, infatti, vi è un ampio elenco di diritti inviolabili dell’uomo, ma tra di essi non vi sono le “inclinazioni omosessuali” (così, per semplificare).
Vi è, invece, il diritto a non essere discriminati in ragione del sesso, ma quest’ultimo è fatto oggettivo e biologico ed è riferito alla sacrosanta parità tra uomini e donne.
Dunque, il riferimento all’art. 2 Cost. presupporrebbe una modifica integrativa della Costituzione, con l’inserimento di un articolo nuovo o di un comma nuovo in qualche parte della Carta Costituzionale, che disciplini espressamente tra i diritti inviolabili anche quello all’inclinazione omosessuale e ai suoi “dintorni”, modifica/integrazione che, però, non è mai stata fatta.
Del resto, l’art. 3 Cost. fa esclusivo riferimento alla pari dignità sociale e all’eguaglianza dinanzi alla legge di tutti i Cittadini, senza distinzioni in ragione del sesso, dove, è inutile sottolinearlo, la questione è la parità tra uomini e donne, come può ampiamente leggersi nei lavori dell’Assemblea Costituente e, tra di essi, quelli delle c.d. Madri Costituenti e delle loro straordinarie battaglie per la parità tra gli unici due sessi noti all’Umanità, fin dai suoi primi albori.
Pertanto, la ricerca dell’appiglio costituzionale, in realtà, è una tagliente arma a doppio filo, perché essa manifesta piuttosto l’incostituzionalità del D.D.L. n. 253/2017, con il quale si vuole introdurre al solo livello regionale, ciò che non è contemplato dalla Carta Costituzionale.
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Inoltre, il D.D.L. in questione è di per sé discriminatorio rispetto alla stragrande maggioranza dei Cittadini Pugliesi che non riceverebbero le stesse facilitazioni, ad esempio, in tema di accesso al lavoro.
Per di più, l’ipotetica discriminazione all’accesso al lavoro di una persona omosessuale, ha già tutte le contromisure nelle leggi ordinarie nazionali, che vietano ogni forma di discriminazione.
L’art. 2 del D.D.L. n. 253/2017, infatti, favorisce le persone LGBTI (così dette, in assenza di una definizione che abbia contorni scientifici unanimemente comprovati e approvati) con percorsi formativi e di inserimento al lavoro che ben non si comprende come e perché non vengano assicurati anche alle persone eterosessuali e ciò, si ribadisce, in assenza di una conclamata fenomenologia pugliese di discriminazione all’accesso al lavoro a causa delle inclinazioni sessuali.
Anche “promuovere” o “sensibilizzare” (cioè, imporre) codici di condotta al personale degli enti e uffici o certificazioni di conformità alle imprese in tema di responsabilità sociale, costituisce un’ingerenza illegittima e incostituzionale rispetto sia alla libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) sia alla libera organizzazione d’impresa (art. 41 Cost.).
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Nell’art. 3 del D.D.L. n. 253/2017, poi, c’è la prima delle più grandi minacce alla libertà di ogni Cittadino di Puglia, colpito nel più elementare, naturale e inviolabile “dovere e diritto” di istruire ed educare i propri figli (art. 30 Cost.).
La norma è così grossolanamente illegittima e meritevole del più diffuso sdegno pubblico, che già di per sé dimostra come il D.D.L. in questione altro non sia che un’arrogante operazione di propaganda della c.d. “ideologia gender”, tale da imporre a docenti, personale scolastico, genitori e soprattutto bambini (scuole di ogni ordine e grado!) la conoscenza di un mondo quanto meno controverso e, a detta dei più accorti e non schierati uomini di scienza, foriero di gravi disturbi nella formazione equilibrata dei bambini e dei più giovani.
Intanto, va detto con decisione, che l’ideologia gender esiste e non è ammissibile che essa sia portata nelle scuole di ogni ordine e grado, con un tale livello pervasivo, da obbligare tutta la popolazione scolastica regionale a conformarsi a essa per legge: perché è questo l’effetto che si vuole.
Papa Francesco ha così scolpito quello che, nei prossimi anni, si spera, sarà l’epitaffio marmoreo sul defunto tentativo di far passare per naturale ciò che naturale non è: “quello sbaglio della mente umana che è la teoria del gender, che fa tanta confusione, tanta confusione” (parole pronunciate dal Pontefice in occasione della visita pastorale a Pompei e Napoli, durante l’incontro con i giovani del 21.3.2015).
L’art. 3 in questione, d’altronde, non lascia alcuna possibilità concreta alle singole scuole o ai singoli docenti di rifiutare simili percorsi formativi, visto che su tale indirizzo è chiamato a vigilare l’Ufficio Scolastico Regionale, con tanto di “timore reverenziale” dei primi verso i superiori gerarchici ai vari livelli.
Non solo: saranno i Presidi i primi a voler fare questa formazione “a catinelle”, visto che la norma in commento prevede l’arrivo dei finanziamenti europei (P.O.N., ecc.).
Insomma, una propaganda di regime, con l’esproprio forzato del dovere e diritto dei genitori all’istruzione e all’educazione dei figli, gravemente in contrasto con l’art. 30 della Costituzione.
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L’art. 4 del D.D.L. n. 253/2017, poi, è un chiaro strumento di finanziamento, con i soldi pubblici dei Cittadini Pugliesi, di quell’esteso arcipelago di associazioni LGBTI, alle quali, in sostanza, verrebbero dati in appalto tutti gli eventi socio-culturali per la propaganda gay.
Come per l’istruzione scolastica il “cavallo di Troia” è l’art. 3, così per il servizio socio-sanitario e socio-assistenziale è l’art. 5 del D.D.L. n. 253/2017. Con esso, infatti, è “promossa” (imposta) la formazione agli operatori del settore, prevedendo anche in questo caso il sostegno economico, con soldi pubblici regionali, in favore di chi erogherà la formazione o la consulenza.
Tuttavia, il comma 3 dell’art. 5 è quanto di più assurdo possa trovarsi in una legge che meriti questo nome. Leggiamolo: “La Regione garantisce fin dalla nascita il diritto all’integrità fisica delle persone che presentino condizioni o stati intersessuali”.
Ma che vuol dire e, soprattutto, cosa si nasconde dietro questa disposizione che nessuna legge italiana, internazionale e forse anche “interplanetaria” si è mai sognata di prescrivere?
Che qualcuno lo spieghi e lo spieghi con dati scientifici incontrovertibili, perché prima di tutto ci sarebbe da capire cosa siano le “condizioni o gli stati intersessuali” SIN DALLA NASCITA e poi si renderebbe indispensabile comprendere come e chi avrebbe la capacità di GARANTIRE IL DIRITTO ALL’INTEGRITA’ FISICA e in cosa questa si sostanzi.
A meno che la Regione Puglia non abbia in mente di introdurre surrettiziamente un concetto di persone “mutanti”, alla maniera degli “X-Men” e realizzare, così, per legge regionale, il terzo genere (e probabilmente anche il quarto, quinto e così via, all’infinito, vista c.d. teoria del “gender fluid”).
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L’art. 6 del D.D.L. n. 253/2017, poi, mette la Regione Puglia nelle condizioni di finanziare le solite associazioni “pro-gay”, stipulando protocolli d’intesa, ma soprattutto convenzioni in tema di prevenzione e contrasto delle discriminazioni e delle violenze contro gli omosessuali. Ebbene, finché si trattasse di un fenomeno diffuso e gravemente avvertito dalla popolazione pugliese, la norma potrebbe anche avere una sua logica. Ma, come si è detto, non c’è alcuna emergenza!
Per di più, la Regione può decidere di costituirsi parte civile nei processi penali per reati contro le persone LGBTI. Ebbene, potrebbe farlo liberamente anche senza una specifica previsione legislativa, come potrebbe e dovrebbe farlo anche nel caso di processi penali per fatti più gravi, come, ad esempio, gli incidenti mortali sul lavoro o per prostituzione o pedofilia e pedopornografia.
Dunque, perché farne un’espressa previsione normativa, se non per pura propaganda?
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L’art. 7 del D.D.L. n. 253/2017, invece, istituisce una vera e propria “cabina di regia” di questa propaganda: il “Tavolo tecnico regionale sulle discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere delle vittime”.
Si tratta di un “Tavolo tecnico” la cui composizione è tutto un programma, visto che ci sono n. 6 rappresentati designati dalle “solite” associazioni LGBTI, n. 2 esperti tra ricercatori e docenti non si sa bene “scelti” da chi e come (il sospetto è che siano scelti tra i “soliti”), senza alcuna apertura a soggetti o associazioni che possano anche avere una posizione critica.
Tuttavia, l’aspetto più inquietante si trova in uno dei compiti di questo Tavolo tecnico, chiamato a “segnalare” eventuali atti discriminatori all’OSCAD (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori).
Cos’è l’OSCAD? Si tratta di un Osservatorio del Ministero dell’Interno, composto da Polizia di Stato e Carabinieri, che ha compiti di sorveglianza sugli atti discriminatori in senso lato.
L’OSCAD riceve le denunce e monitora le situazioni denunciate, così da prevenire o reprimere eventuali atti discriminatori.
È uno strumento già a disposizione di tutti i Cittadini Italiani.
Ebbene, il “Tavolo tecnico” si atteggerebbe a “segnalatore” (ovviamente di parte) di fatti e persone in odore di commettere discriminazioni a sfondo sessuale, magari anche solo perché è stata espressa un’opinione dissenziente sulla “propaganda gender”.
Così, un Cittadino Pugliese, in pochi minuti, finirebbe sui social e sui media come persona “attenzionata” dall’OSCAD, con tanto di discredito personale e professionale, finendo per essere questi il vero discriminato!
In sostanza, un simile strumento non può essere nelle mani di pochi che la pensano tutti allo stesso modo, perché è enorme il rischio di un abuso di tale “Tavolo tecnico” che, privo com’è di una specifica e dettagliata disciplina e di una funzione “terza” di controllo sul suo operato, rischierebbe di diventare un vero e proprio meccanismo di “isolamento” delle persone con opinioni dissenzienti sull’omosessualità.
Diversa è, invece, l’operazione di contrasto che l’OSCAD è già chiamato a fare e a cui tutti è bene che partecipino, per ogni forma di discriminazione, anche quella contro gli omosessuali.
Infine, sempre l’art. 7 specifica che il Tavolo tecnico ha il compito di coordinare le attività della c.d. “Rete READY”, la quale, basta informarsi, è proprio lo strumento principale della propaganda dell’ideologia gender nelle scuole d’Italia, con tanto di promozione di libri di favole e film/cartoni a sfondo omosessuale e transessuale, da propinare anche nelle scuole materne ed elementari.
Dunque, com’è stato già detto, la propaganda gay in Puglia ha bisogno di una “cabina di regia” e la Regione la istituisce con legge regionale.
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C’è, poi, l’art. 8 del D.D.L. n. 253/2017, vera e propria norma sulla censura.
Non è altro, infatti, una norma che prevede l’intervento del Co.Re.Com. (Comitato Regionale per le Comunicazioni presso il Consiglio Regionale della Puglia) per la rilevazione di programmi e messaggi al pubblico che possano avere carattere discriminatorio verso le c.d. persone LGBTI.
È chiaro come la norma non possa prevedere veri e propri interventi censori, ma la censura viene realizzata già attraverso la formula della segnalazione e poi, indirettamente, attraverso la promozione di partenariati e collaborazioni con quei soggetti del mondo dei media che si mostrassero “propensi” a divulgare le idee della propaganda gender.
Dunque, una discriminazione al contrario che porterebbe ogni società delle comunicazioni ad accettare sempre e comunque, come già si vede anche a livello nazionale, di prevedere una quota di messaggi favorevoli alla propaganda gay, pena l’ostracismo di fatto.
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Infine, l’art. 9 del D.D.L. n. 253/2017, a riprova della finalità di propaganda, prevede lo stanziamento di € 50.000,00 all’anno per la copertura finanziaria dell’attuazione della legge.
€ 50.000,00 che andrebbero nelle già ricchissime casse dell’arcipelago delle associazioni pro gender, venendo sottratte a soggetti e famiglie sicuramente più bisognose e meritevoli di elargizioni pubbliche.
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In conclusione, pregiatissimi, per rispetto a tutti Cittadini di Puglia è indispensabile che ciascuno di Voi senta la necessità istituzionale, giuridica e di buon senso, di richiedere ogni ulteriore e indispensabile approfondimento, acquisendo anche altri pareri e soprattutto incontrovertibili dati concreti e “terzi” sulla reale e attuale entità del fenomeno discriminatorio e violento, così strumentalmente ingigantito dall’estensore della Relazione introduttiva al D.D.L. n. 253/2017.
Certo che non vorrete consegnare ai Cittadini di Puglia, Vostri elettori, una legge più che controversa e chiaramente foriera di discriminazioni “al contrario” e di gravissime lesioni dei citati diritti costituzionali.
Porgo i più deferenti saluti.
Bari, 16 luglio 2018
Associazione “Il Granello di Senapa – Onlus” (Bari)
Il Presidente
Avv. Fabio Candalice
No al DDL in Puglia e nel mondo
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